Capossela candidato al Premio Strega col libro

Capossela candidato al Premio Strega col libro " Il paese dei Coppoloni"

15/04/2015

L’ultimo romanzo di Vinicio Capossela è candidato al Premio Strega 2015. Uno dei protagonisti della prima edizione del Festival delle Generazioni, è sotto le luci dei riflettori con la pubblicazione di un libro che lo ha impegnato 17 anni nella sua redazione.

“Il paese dei coppoloni” è l’opera di una vita. Apprezzatissimo e definito libro magico, è ambientato in Irpinia, un luogo in cui il cantautore non è nato, ma di cui ha tanto sentito tanto parlare dai suoi genitori.
Una la domanda fondamentale, che da sola basta. Un fulcro attorno al quale ruotano i dubbi di ognuno di noi. L’io narrante, il viandante, deve rispondere alla domande: “Da dove venite? A chi appartenete? Cosa andate cercando?”.

Capossela prosegue il suo cammino trascinandosi dentro tante storie e tanti personaggi che si portano addosso il proprio destino: sono le storie che appaiono insignificanti o comuni che fanno la Storia. Sono tanti i personaggi che compariranno durante il percorso e ognuno di loro sembra voler condividere qualcosa con lui, dirgli la Verità e metterlo in guardia su qualche evento. Sono tanti anche gli argomenti trattati, il legame con la propria terra, il sentimento rivolto alla propria Patria, l’influenza del mito.

Facciamo i nostri complimenti a Vinicio Capossela, che insieme al papà Vito ci ha regalato un momento magico durante la prima edizione del Festival delle Generazioni nel 2012, e pubblichiamo la lettera che scrisse per quella occasione, pubblicata dal Corriere della Sera:

Il 12 ottobre del 1962, un giovane emigrato italiano di 23 anni, acquistava in Ulm, Germania, il paese la cui cattedrale ha il più alto campanile d’Europa, un giradischi Philips, color crema e rosso.

Il giradischi ha la forma di una valigia. E’ apribile e la parte superiore contiene l’altoparlante, che può anche essere separatamente collocato un metro lontano dal piatto. Il piatto ha la dimensione di un 45 giri e ha una gomma di para per ospitare i neri successi in vinile che gli girano sopra. Può anche girare a 78 e 33 giri, ma si vede che è principalmente destinato ai 45 giri.

In dono assieme al Philips gli viene dato un colorato 45 giri di Chubby Cheker. Il lato A contiene “Let’stwist again”, il B “The twist”. Nella vita dell’acquirente, Vito Capossela, un giovane proveniente dalla lontana alta Irpinia, quella è la prima spesa che ecceda il necessario. La prima spesa che non riguardi il lavoro, la sussistenza, il mangiare, il coprirsi, il posto in baracca, il tornare a casa. Da allora quel giradischi diventa il santuario della celebrazione della gioventù. E tale rimane negli anni, assieme ai bellissimi 45 giri dalle magnifiche copertine colorate, di Rocco Granata, di Salvatore Adamo, di Adriano Celentano, ai ballabili, ai fox trot di “Vinicio -Fisarmonica e ritmi”.

Tre anni dopo ha un figlio, che chiama con il nome del fisarmonicista con ritmi.

Per tutta la sua infanzia il miracolo del santuario della giovinezza del padre viene aperto la domenica pomeriggio, quando, dopo il pranzo, è consentito sollevare il coperchio rosso del Philips e aprire l’album di forma quadrata, a quadretti colorati in cui brillano tutti gli anni 60, sfilare i dischi, farli girare e inebriarsi di “Let’s twist again”. I dischi appartengono al tempo mitico. Dopo sposato non ne comprerà quasi più. Quelli acquistati, o scambiati con i compagni, nella Germania, o nella Svizzera, quelli che contengono il cromosoma della gioventù, rimarranno lì, nell’albo di plastica a quadretticolorati. Ogni volta che verranno ascoltati, nelle domeniche pomeriggio, Vito al momento di richiudere il Philips pronuncerà sempre la stessa frase: “quelli erano giorni!” ... e poi avrebbe aggiunto, rivolto al figlio, un bambinodi nove-dieci anni: “Un giorno lo dirai anche tu... ti sembra impossibileadesso... ma lo dirai anche tu... "quelli erano giorni’... !”.

Un giorno di ottobre, il 12 ottobre 2012, padre e figlio si presentano in una tenda allestita in piazza Santa Croce in Firenze, all’interno di un festival chiamato “delle generazioni”. Sono passati 50 anni dall’acquisto del Philips. A furia di ascoltare quei dischi, il figlio ne ha fatti di propri. Li accompagnano un’altra coppia di padri e figli. Rocco Briuolo, che suonò al matrimonio di Vito, e suo figlio Giovanni, che suona a sua volta. Entrambi al paese di Calitri suonano per divertimento nella cosidetta “banda della posta”. E così, dopo i nomi degli uomini illustri... Galileo! Da Vinci! Raffaello! Risuona in Santa Croce anche il loro... Rocco Briuolo! Giovanni Briuolo! Vituccio di Pettinella! In Santa Croce!

Parlano del treno che li ha portati via, di cosa si può passare da una generazione all’altra, parlano di quel giradischi, di quei dischi, del sogno di Adriano Celentano, il Dio di mio padre... Le generazioni vanno le generazioni vengono, nulla cambia sotto il sole. L’uomo quello che è sarà, recita l’Ecclesiaste... però una differenza c’è tra questa generazione di uomini votati al sacrificio, con granitiche certezze, e quella più recente, con sacrificio differente, ma senza la solidità di nessuna certezza.

Le generazioni come onde, come maree, ondate gonfie di propositi che si ripetono eternamente e si dissolvono in schiuma, o si spengono sulla battigia, si inseguono senza punto di contatto, come uno che corra con una canna da pesca in mano inseguendo il pesciolino che ci ha appeso sull’estremità, per l’eternità... Le generazioni, di padre in padre, fino all’inizio del tempo... Il proprio parentado sommato a quello di milioni di altri, un parentado oceanico, che ci fa anche un po' vergognare, ma che è il nostro punto di origine e appartenenza.

I greci avevano due parole per definire la vita, Zoè, la vita in generale, la forza vitale generante, e Bios, la vita circostanziata, definita, soggettiva, da cui Biografia. Forse le generazioni sono questi secchielli di Bios in cui portare avanti la grande marea di Zoè... Di padre in figlio e di spirito in camposanto, così si muore e ci si rinnova, una generazione mette la “sepponta” all’altra, il paletto, il sostegno, che è il modo con il quale a Calitri si definiva l’usanza di chiamare il nipote primogenito, con il nome del nonno, usanza infranta con coraggio da Vito, che non mise la sepponta a suo padreVincenzo, ma non dai Briuolo, che orgogliosamente si tramandano di Rocco in Rocco...

Ecco, di Rocco in Rocco, le generazioni si alternano. Qui si parla tanto di contrasto generazionale, io non ho contrasto, solo una smisurata riconoscenza a questa generazione di Vito e di Rocco, del loro straordinario senso del sacrificio, della cosa giusta fatta, del loro passo di marcia con passo corto, da alpino, incontro alla vita, fino alla morte.

E del resto, anche in fatto di automezzi, ho sempre preferito la Revisione alla Rottamazione. E l’unico patto tra generazioni è quello della rottura dell’egoismo individuale, della consapevolezza della mareggiata più grande a cui apparteniamo, e l’umiltà che ne dovrebbe venire, e quindi passare il testimonio, dove non arrivo io, cerca di arrivare tu... insegnare, imparare, non fare morire parole, lingue, dialetti e mestieri con le generazioni, perpetuare le cose.

Questo è il patto. Anche perché, per citare un proverbio paesano di Matteo Salvatore, “la vecchia non vuole morire, il giovane vuole campare, la morte sene freca, a chi tocca tocca, lo deve acchiappare”.