Festival delle generazioni: “Abbattere tutte le frontiere è possibile”

Festival delle generazioni: “Abbattere tutte le frontiere è possibile”

Il rapper Omarito e il massmediologo Mario Morcellini sono stati tra i protagonisti dell’incontro alla Sapienza del Festival delle Generazioni in tour.

28/03/2017

Le generazioni di oggi, relegate alle periferie delle società, possono sentirsi ancora “centro”? È questa domanda al centro della tappa di Roma del Festival delle Generazioni in tour, ideato e promosso dalla Federazione nazionale pensionati (Fnp) della Cisl. Due giorni per parlare con i giovani del valore della tolleranza, del diritto di parola, della cultura e del rispetto del prossimo. Ma non si può uscire dalle periferie sociali, se non si abbattono prima tutte frontiere. Lo sa bene Omarito Jamal Sall, giovane rapper senegalese di 23 anni, arrivato in Calabria all'età di 7 mesi, che ha partecipato alla tavola rotonda “Giovani, periferie che si sentono centro”, moderata dalla conduttrice televisiva Gabriella Facondo.

Promettente pallavolista, ha scelto la musica per combattere la sua battaglia contro ogni discriminazione. “Ero il dodicesimo figlio, mia madre mi ha portato in Italia senza documenti”, ha raccontato. “Lavorava al mercato tutto il giorno e così ha deciso di affidarmi ad una famiglia italiana che aveva già due figli e un terzo figlio adottato. Non mi sono mai distaccato dalle mie radici e ho sempre voluto intrecciare le mie due culture. Le prime frontiere che ho conosciuto sono quelle che sono cadute tra la mia mamma africana e quella italiana: loro hanno saputo condividere un figlio, essere sorelle per le pelle, come canto nella mia canzone ‘Due donne'”.

Era l'unico bambino nero nella scuola del piccolo paesino calabrese di Fuscaldo. “È stata dura. Il rap è stata la mia forma di espressione che mi ha permesso di arrivare alle persone. Mi sono sempre e solo sentito senegalese: nelle mie radici ho saputo riconoscermi. Tutte le frontiere vanno abbattute e quando ci si può aiutare tra di noi, facciamolo”, ha detto rivolgendosi ai giovani presenti all'aula magna del Coris, il Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale della Sapienza.

All'incontro ha partecipato anche Mario Morcellini, professore ordinario in Sociologia dei Processi culturali e comunicativi e direttore del Coris, nonché neocommissario dell'AgCom: “Ogni giorno l'università mette in scena il rapporto tra le generazioni. Se si comincia a distinguere tra le frontiere, si cade nel tranello di chi vuole ergere i confini e protrarli nel tempo”. “Quello che questo Festival vi esorta a non fare è di sigillare i rapporti tra le generazioni – ha continuato –: quando non si comunica si alimenta l'arroganza dei giovani che è contrapposta alla predicazione dei vecchi. Un sindacato dei pensionati ha inventato un Festival delle Generazioni e l'università si presta a metterli in contatto”.

Secondo Morcellini, il male delle nuove generazioni sta diventando la continua e perenne rappresentazione virtuale di sé. “Se i giovani non scendono in campo, rimangono intrappolati nella rappresentazione e il risultato è l'antipolitica e l'emarginazione di una generazione. La politica è un nostro diritto, non un peso”. La forza dei giovani non sta nei nuovi strumenti di comunicazione. “Non basta pigiare dei tasti su un dispositivo, occorre essere centro contro ogni periferia. Oggi non si conosce più il fascino dell'attesa in una relazione. Ripartiamo dai fatti, dalle azioni. L'altro è quello che ci sta accanto: se lo consideriamo la meta della nostra vita, ci sarà difficile diventare razzista”.

Fonte: Redattore Sociale